Pomodoro datterino, più piccolo lo scrigno, più prezioso è il tesoro
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Pomodoro datterino, più piccolo lo scrigno, più prezioso è il tesoro

Un’icona della cucina italiana e simbolo di tradizione e qualità

Liscio e brillante, da giallo oro al rosso vermiglio,  oppure tigrato con quelle striature scure sulle sfumature dal granata al verdastro, piccoli chicchi ovali raccolti, a spina di pesce, in un grappolo odoroso di terra e di mare: è un autentico balsamo per ogni palato, il pomodoro datterino.
Lo stordisce con la sua dolcezza e lo solletica con le note più acute. E parla ai sensi, tutti, come musica che avvolge e seduce.

E se ascoltate bene, in silenzio, lo sentirete parlare “d’amuri”, perché sì, il pomodoro datterino parla siciliano. Non che non possa crescere anche sul davanzale di casa vostra, ovunque vi troviate, ma persino Bruxelles ha dovuto arrendersi all’evidenza ed ha esteso anche a questa delizia l’Indicazione Geografica Protetta (IGP) già assegnata al Pomodoro di Pachino, con un provvedimento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 20 dicembre del 2016 ed in vigore dal 9 gennaio 2017.

Perché il datterino più gustoso e ammaliante è quello che affonda le radici in un fazzoletto di terra di Sicilia, tra le terre generose di Siracusa e Ragusa, in un quadrilatero ideale da Pachino a Vendicari e a Portopalo di Capopassero, fino ad uno spicchio della val di Noto che raggiunge Ispica.

Il sole, la luce, la temperatura gentile sono gli artefici di questo prodigio ma è con quell’acqua salmastra che madre natura compie il miracolo, donando a questo frutto una dolcezza ineguagliabile.
E, in quell’angolo d’Italia, di mari ce ne sono addirittura due…

Il pomodoro datterino ha solo 20 anni, ma ci sembra di conoscerlo da sempre

Prodotto di innumerevoli incroci ed innesti, forse anche con qualche lontano parente asiatico, è negli ultimi 20 anni che il pomodoro datterino è assurto alla ribalta culinaria più prestigiosa.

Delle rigogliose coltivazioni maya ed azteche di età precolombiana, questo bis-bis-bis nipote del pomodoro ha perduto molte delle caratteristiche originarie ma, per contro, ne ha acquisite molte altre: la buccia talmente sottile che non va eliminata quasi mai, la ridotta quantità d’acqua nella polpa e la totale perdita di acidità propria dei pomodori.
Una volta scoperto anche dai  “vecchi mondi”, il pomodoro ha avuto vita propria, assumendo caratteristiche di volta in volta differenti, assorbendo le proprietà del terreno di turno e delle diverse zone climatiche.

E, nel sud del nostro Paese, con temperature che non scendano, abitualmente, sotto i 10°C, in prossimità dei litorali marini e con luce diretta per almeno 6 ore al giorno, ecco che il nostro pomodorino ha messo radici ed è cresciuto come in nessuna altra parte del mondo. A contendersi il blasone, anche le terre intorno al Vesuvio, soprattutto per la varietà dorata che, in verità, è la diretta antenata del pomodoro datterino.
La produzione di eccellenza campana, però, in fatto di pomodorini, è la “piennula”. Questa, però, è un’altra storia.

60 giorni di sole, luce e calore

Quando vi abbiamo detto che potete coltivare il datterino ovunque abitiate abbiamo, forse, esagerato un tantino. La preziosa piantina ha necessità di essere ospitata in un ambiente dai contorni piuttosto precisi.
Il clima, per cominciare: una temperatura mite per la maggior parte del tempo, con scarsa propensione a forti sbalzi di temperatura che, come detto, tenda a non scendere al di sotto dei 10°C.
Poi la luce, di cui si nutre avidamente: il pomodoro datterino ha necessità di essere esposto ai raggi solari quotidianamente, per almeno sei ore al giorno.
E, ancora, il terreno, grasso ma ben drenato, cosicché l’acqua possa fluire senza ristagnare e senza produrre funghi e muffe, deleterie per le piantine e che possono fortemente compromettere la qualità del raccolto.

Rigore, dedizione ed impegno sono tassativi ma, in circa 60 giorni, assicurano frutti rigogliosi e profumati pronti da portare in tavola.

Il pomodoro fa bene, ma il datterino… meglio

Vitamina A, B, C e K, potassio, manganese, carotenoidi. E poi polifenoli e folati… insomma, si fa prima a dire cosa manchi al pomodoro datterino.
E quello di cui è povero sono principalmente le calorie, particolare che ne fa un pilastro in qualunque tipo di dieta. E anche di sodio se ne trova davvero poco, rendendolo amico intimo di una buona diuresi.
Ricco di fibre – buona digestione assicurata – e di antiossidanti, è un formidabile antagonista naturale di radicali liberi e disturbi cardiovascolari.
Quanto al potassio, è un balsamo per il sistema nervoso e la funzionalità muscolare, perché riduce notevolmente la formazione di crampi, sostenendo la pressione sanguigna.

I colori del sole gli derivano dai già citati carotenoidi, sostanze che giocano un ruolo essenziale nella prevenzione di molti dei disturbi che ci affliggono.
Tra tutti, il licopene, antiossidante potentissimo che assicura la colorazione rossa e che viene rilasciato in quantità maggiore in diretta relazione al tempo di cottura.
Si trova nella buccia, prevalentemente ed è un valido contrasto naturale alla formazione di processi cancerogeni.
Quindi ogni volta che triteremo, frulleremo, taglieremo a pezzi il nostro pomodorino o lo faremo cuocere, libereremo questa miracolosa sostanza che sarà assimilata in maggiori quantità.
Tutti i carotenoidi di cui è foriero il pomodoro, in genere, e il datterino in particolare, sono elementi che contribuiscono anche a potenziare il sistema immunitario ed esercitano un effetto protettivo dal tumore alla prostata ed all’ovaio.

Esistono anche controindicazioni, però, derivate per lo più da reazioni allergiche: è il caso della solanina, un alcaloide dall’azione moderatamente tossica che si trova nel pomodoro acerbo e che scompare man mano che il processo di maturazione procede. Per il processo di assimilazione, inoltre, è sconsigliato per l’alimentazione dei bambini prima dei 12 mesi di età.

Con un ingrediente così…

Semplicemente addentandolo, come si farebbe con un normale frutto per assaporarne la squisita dolcezza, spezzarlo tra i denti e sentirne il succo invadere la bocca è un gesto d’amore verso sé stessi, per regalarsi un momento di stordimento che delizia e stuzzica, lasciando il desiderio in un altro morso, e poi un altro, ma sì ancora uno… A crudo, per colorare e ingentilire una golosa insalata, purché accompagnato dal suo amante più fedele, l’olio d’oliva. Oppure a pezzi, saltato in padella, per ognuna delle mille ricette di cui è il re incontrastato o, ancora, schiacciato o ridotto in purea e salsa, per condire un formidabile piatto di pasta, come nella ricetta dei Mezzi Paccheri con salsa al datterino giallo.

 

E ancora su bruschette, grigliato per un contorno d’estate o in altri impieghi più particolari, magari in un estratto per festeggiare l’aperi-time con un superbo Bloody Mary.

Ricordate quando la nonna aggiungeva un pizzico di zucchero al sugo, per togliere l’acidità del pomodoro? Con il datterino ve ne dimenticherete. Zero acidità e dolcezza infinita. E’ proprio amore al primo morso…