Il carciofo è il passepartout della cucina
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Il carciofo è il passepartout della cucina

Tutti pazzi per il carciofo, il “guerriero dal cuore tenero”

Come una rosa, spine comprese, è il re della primavera ma, fin da dicembre, è possibile portarlo in tavola in mille versioni: è il carciofo, al secolo Cynara cardunculus scolymus.
Immortalato da Picasso – sua la “Donna con Carciofo” – e celebrato da Pablo Neruda  – è lui il “guerriero dal cuore tenero” nella sua “Ode al Carciofo”, destinato a compiacere i palati di mezzo mondo.

Dal bacino del Mediterraneo a quasi ovunque, selvatico o dalle selezioni più accurate, il carciofo non è un comune ortaggio ma una sorta prodigio della natura che si è conquistato persino un posto tra i miti dell’Olimpo. E’ una bellissima ninfa dagli occhi verdi spruzzati di viola ed i capelli biondo cenere (Cynara, appunto) che fa invaghire Zeus ma, respinto una volta di troppo, il permaloso Re degli Dei decide di vendicarsi trasformando la fanciulla in un ortaggio spinoso e austero, nell’aspetto, ma dal cuore tenero e dolcissimo.

Agli etruschi è riconosciuto il merito di aver portato la pianta selvatica in Italia e i Romani ne hanno, poi, esaltato le straordinarie qualità culinarie e mediche che già Galeno, prima, aveva sottolineato. In Sicilia prosperò felicemente con gli arabi e Caterina De Medici lo volle tra le pietanze del suo banchetto di nozze con Enrico II. Così il prode guerriero carciofo fece la sua entrata trionfale a Parigi e, di lì, in Belgio e in Olanda. Furono proprio gli olandesi a far sbarcare oltre la Manica il prodigioso ortaggio, che finì coltivato anche nell’orto personale di Enrico VIII.
Dopo i viaggi di Colombo, toccò agli spagnoli e ai francesi portare al di là dell’oceano il carciofo, facendolo allignare felicemente al sole della California e della Louisiana.

Il carciofo, un prodigio per il palato e per l’organismo

Nonostante la condanna inflitta alla ninfa Cynara, le virtù del carciofo furono ben chiare da subito: da Galeno che – come detto – ne riconobbe le proprietà diuretiche e rilassanti, a Decio Bruno Columella che lo inserì nel suo “De re rustica”, una sorta di ricettario ante litteram su come impiegarlo in cucina per godere al meglio delle sue virtù.
Plinio il Vecchio lo citò nel “Naturalis Historia”, Teofrasto in “Storia delle piante” ed Esiodo in “Opere e giorni”. Persino Luigi XIII, si racconta, sarebbe stato curato con le foglie di carciofo dal proprio medico personale La Framboisiere.

Questo ortaggio si è infatti rivelato un preziosissimo alleato per il sistema linfatico, il fegato e l’intero apparato gastrointestinale.
L’elevato contenuto di potassio aiuta a contrastare l’ipertensione mentre le fibre che contiene riducono il colesterolo, depurando fegato e intestino e favorendo la diuresi. Ed è, questa, l’unica controindicazione relativa al miracoloso ortaggio.

Alla romana, alla giudia, in insalata, saltato in padella, nella frittata o nel ragù in verde delle lasagne vegetariane: il carciofo è in grado di sostenere qualunque ruolo nel menu, dall’antipasto al contorno.
E mille sono le ricette regionali che, da nord a sud, lo vedono protagonista.

Delicato amuse-bouche in pastella e fritto, in vellutata con crostini di pane alla cannella o, per un primo piatto sublime, con farfalle, curcuma e guanciale croccante. Accompagnato all’agnello o nella parmigiana di carciofi o, ancora, in uno sformatino con salsa al gorgonzola: insomma, una ricetta per ogni foglia!

Aiuto! Quale scelgo?

Distinguendo sommariamente in due grandi categorie –  spinosi e non spinosi – i carciofi sono tra i pochi ortaggi di cui si consuma il fiore, insieme a broccolo e cavolfiore. Mille varietà che fanno capolino tra dicembre ed aprile sui banchi del mercato e che rappresentano una vera eccellenza. Dal Carciofo Spinoso di Sardegna DOP al Carciofo Romanesco del Lazio IGP, fino al Carciofo di Paestum IGP e al carciofo Brindisino, questi ultimi tre appartenenti al gruppo dei non spinosi.

Qualunque sia la denominazione o la provenienza, vanno scelti accuratamente scrutando bene le foglie, che si devono presentare di un verde lucente dal cuore bianco e chiuse; se il gambo si presentasse secco, con le foglie scolorite o macchiate, tradirebbe la mancanza di freschezza. Il fiore – che poi è ciò che mangiamo – deve essere carnoso e compatto, indipendentemente dalla colorazione, che dipende dalla varietà e non dal grado di maturazione. Al taglio, poi, il cuore deve essere quasi bianco: se fosse, invece, nero significa che ha subito un danno da gelo.

Dopo tutto questo, ciò che rimane da chiarire è un solo punto: come li cuciniamo, stasera, i carciofi?